venerdì 14 ottobre 2011

IL “BRIC” CHE AVANZA: L’IMPETUOSA ASCESA DELLE QUATTRO NUOVE POTENZE MONDIALI. di Claudio Tuteri



IL “BRIC” CHE AVANZA: L’IMPETUOSA ASCESA DELLE QUATTRO NUOVE POTENZE MONDIALI. di Claudio Tuteri

Tutto iniziò con la creazione di un acronimo volto ad indicare i Paesi che più di altri avevano segnato ottime performance nella crescita economica, in un contesto mondiale segnato dalla crisi. Così, il noto economista della Goldman Sachs, Jim O’Neill, ebbe la felice intuizione di raccogliere le iniziali di questi Paesi per unirli in una sola parola, BRIC per l’appunto; i Paesi in questione sono Brasile, Russia, India e Cina, ai quali, opinione diffusa, va aggiunta una S, trasformando l’acronimo in BRICS, per via della forte crescita del Sudafrica, che ha fatto guadagnare alla nazione Africana un posto d’onore in co-abitazione con le quattro neo-potenze economiche mondiali.
Insomma nel 2003, anno di creazione del termine BRIC, tutto si riduceva essenzialmente ad una parola, astratta e poco tangibile, ma già nel 2007/2008, con il mondo intero alle prese con la più forte crisi economica dai tempi del ’29, ci si accorse che questi Paesi non erano legati solo da un acronimo, bensì da una struttura economica ormai solida ed in continua crescita. Il secondo passo era compiuto, da entità astratta ed indefinita, questi quattro paesi iniziarono a cooperare e dialogare tra loro, consci dell’opportunità enorme che avevano sottomano: guadagnare potere e credibilità a livello internazionale.
Per affermare questo occorre analizzare alcuni dati, fortemente indicativi della veridicità di queste affermazioni; basti pensare che i paesi del BRIC occupano il 26% del territorio mondiale, compongono il 42% della popolazione e detengono il 20% dell’economia mondiale, con l’aspettativa, stimata da numerose banche d’affari, di pareggiare entro il 2050 le attuali economie del G-6 in termini di PIL nominale. La crescita impetuosa di questi dati ha origine in caratteristiche comuni a tutti e quattro i Paesi: sono di grandi dimensioni a livello geografico, contano su una forza lavoro giovane ed hanno una domanda interna in forte ascesa, in grado di dare una spinta non indifferente alla crescita dei rispettivi PIL.
Con numeri di questa entità dalla loro parte è ovvio che le nazioni occidentali abbiano iniziato a guardare ai BRIC come ad un’eccellente opportunità per il loro export, motore della bilancia commerciale di un paese. Infatti, uno studio sui bilanci delle più importanti società americane, fa notare come una percentuale sempre crescente del loro fatturato proviene da questi mercati emergenti, oppure che la crescita della Germania abbia avuto un forte impulso grazie alla volontà di Berlino di puntare sull’export del “Made in Germany” verso i BRIC.
Ormai, nel 2011, tutto ciò fa parte del passato; Brasile, Russia, India e Cina stanno studiando da “potenze”, hanno allacciato rapporti sempre più intensi tra loro, a partire dal primo summit organizzato ad Ekaterinburg (Russia) nel Giugno 2009, per finire al recente incontro svoltosi a Sanya (Cina) nell’ Aprile 2011, al fine di convogliare la loro potenza economica in influenza politica, da giocare sui tavoli che contano, su tutti il G-20 o più ambiziosamente il G-8.
D’altronde, la scelta di schierarsi in modo compatto a sfavore di un intervento militare in Libia, andando quindi contro la NATO, è un chiaro segnale delle ambizioni di questi paesi, così diversi tra loro, eppure così uniti, accomunati da un punto-chiave: sono tutti e quattro scontenti della propria posizione attuale nello scacchiere mondiale. Pensano di meritare di più, da qui l’idea di far compiere ai BRIC un’ulteriore passaggio; da semplice acronimo a vera rivoluzione nell’equilibrio mondiale, passando per una crescita economica senza eguali.
Di rivoluzione parlò l’ex- ministro degli esteri brasiliano, Celso Amorim, profetizzando un’istituzionalizzazione della rivoluzione politico-economico apportata dai BRIC, seppure con un margine temporale ancora lungo, al fine di togliere peso e potere all’occidente, mirando ad una diversa distribuzione di poteri, forze e privilegi, da spartire con i nuovi attori della scena politica mondiale.
Ad oggi, il BRIC è anche e sopratutto questo, un gigante con la forza di spostare l’equilibrio mondiale in una direzione multipolare. Qual è il problema? Ovvio, se il peso politico del BRIC cresce, ça va sans dire, si riduce il peso dell’occidente.
Su questo piano, ci si può scommettere, i Paesi del G-8 venderanno cara la pelle.

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